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La globalizzazione e l'internazionalizzazione dell'arte hanno eliminato i confini territoriali che in precedenza caratterizzavano le mappe culturali ed estetiche della produzione artistica. Le migrazioni concettuali tra ambiti disciplinari hanno permesso prestiti linguistici tra le teorie e le prassi artistiche, obbligando la storia dell'arte, l'iconologia critica, gli studi visuali e le scienze sociali a condividere nuovi interessi e metodologie. Da tali premesse si avvia lo studio e l'analisi dell'opera dell'artista internazionale Antoni Muntadas, la cui produzione artistica transculturale si configura come una prassi per l'interpretazione sociale, culturale e linguistica dell'arte contemporanea. Capace di accogliere nella propria opera lingue, culture e linguaggi mediali, l'artista spagnolo rappresenta un esempio unico di traduzione nelle arti visive contemporanee. Nei processi artistici la traduzione diviene sia elemento formale sia metafora e simbolo, per cui l'artefatto artistico, polivalente e interdisciplinare, si apre all'analisi di svariati fattori economici, politici, culturali, tecnologici e linguistici. Configurandosi quindi come un'arte che traduce, l'opera di Muntadas attraversa diversi ambiti disciplinari inserendosi nelle contemporanee discussioni sui medialandscapes, sui contesti sociali e globali, sulla costruzione della paura e sull'organizzazione dello spazio pubblico e privato. La traduzione visuale certo non esaurisce la vastità dei temi da lui trattati, né la sintesi di teoria e forme artistiche che articola, ma si qualifica come lo strumento che meglio definisce una prassi artistica finalizzata a incidere sulle realtà sociali del nostro tempo.